Presenza e consapevolezza nelle nostre giornate: cosa guida la nostra routine?
Quali sono i miei naturali ritmi circadiani?
Con l’allungarsi delle ore di luce, in particolare con il ritorno alle nostre latitudini dell’ora legale, riflettevo sul significato che tendiamo a dare allo scorrere delle ore e alle tappe che ogni giorno segnano momenti fissi della nostra routine, tappe in gran parte fissate arbitrariamente attorno ai ritmi imposti nel corso dei secoli dalle convenzioni del vivere in società.
Siamo consapevoli del perché ci svegliamo e andiamo a dormire a determinati orari? Notiamo che compiamo certi gesti (spesso automatici) ad esempio quando ci alziamo dal letto, come guardare immediatamente il cellulare, o correre in cucina e accendere la moka perché senza un caffè pensiamo di non poterci svegliare? Siamo spinti a pranzare e cenare a determinati orari per fame biologica o per convenzione sociale?
Leggendo studi e ricerche su come, ad esempio, si sono modificate le abitudini alimentari e gli orari dei pasti di noi umani nella società occidentale moderna, scopriamo che gli orari dei pasti si sono modificati in maniera marcata in Europa a cavallo tra la Rivoluzione Francese e la Prima Guerra Mondiale, per lo più per motivi legati alla produzione industriale. Inoltre, ci sono sempre state differenze marcate tra la società contadina e la società aristocratica, non solo per quanto riguarda l’orario dei pasti ma anche per quanto attiene ai ritmi sonno-veglia.
Come sappiamo la società contadina ha sempre legato i propri ritmi di vita ai ritmi stagionali e al lavoro nei campi, con i pasti distribuiti in momenti precisi: colazione dopo aver lavorato almeno 3 o 4 ore (quello che potrebbe equivalere al nostro pranzo), una piccola siesta nell’orario più caldo della giornata per poi riprendere il lavoro fino all’imbrunire e ritrovarsi a desinare in famiglia prima di ritirarsi per la notte, generalmente in prima serata, proprio perché la mattina dopo ci si alza che è ancora buio.
La società aristocratica nei tempi passati aveva ritmi molto differenti: chi non doveva preoccuparsi di lavorare si alzava in tarda mattinata o anche dopo mezzogiorno, i pasti erano distribuiti in modo ben diverso rispetto a quelli di chi lavorava nei campi o dei commercianti, con il pranzo (chiamato desinare – il pasto principale della giornata) non prima delle due del pomeriggio e la cena in tarda serata, anche bel oltre le ventidue, e notti di feste e vita mondana spesso prolungate fino all’alba.
Sono solo due esempi ma fanno riflettere: quando pensiamo ai nostri ritmi veglia – sonno e all’orario dei pasti, cosa ci guida?
Siamo guidati dalle esigenze del nostro corpo, della nostra costituzione fisica, o da quello che ci impone la routine nella quale giocoforza siamo intrappolati? A volte abbiamo possibilità di scelta limitata: ad esempio per via degli orari di lavoro possiamo solo alzarci ad un dato orario, pranzare quando il nostro datore di lavoro ci concede la pausa pranzo (e non importa se a quell’ora la nostra pancia ci dice: cibo! oppure no), cenare quando per convenzione è “opportuno” farlo, perché tutti cenano a quell’ora laddove viviamo.
A ben vedere, per quanto attiene ad esempio alla cena, tutti conosciamo le differenze tra una zona e l’altra del nostro paese, così come tra il nord e il sud d’Europa. Ma quindi pensiamo davvero che esista un orario “giusto” per cenare?
Queste differenze cosa ci dicono? Seguiamo ritmi naturali, ascoltiamo le esigenze e i ritmi del nostro corpo fisico, o ci adeguiamo a quanto la società della quale siamo parte ci chiede? Pensiamo di avere la possibilità di ritornare ad ascoltarci, a conoscere quello che sono le nostre esigenze, i nostri naturali bisogni, o abbiamo disimparato l’ascolto e l’autoconsapevolezza?
Questa riflessione vuole essere un pochino provocatoria – come forse avrete capito leggendo – più che altro un invito ad interrogarsi, osservarsi e riscoprirsi. Quali sono i miei naturali ritmi circadiani? Il mio naturale ritmo sonno-veglia? Mi sento più energica e produttiva al mattino, a metà giornata, o alla sera? A prescindere dal fatto che il mio orario di lavoro mi impone di essere in ufficio dalle 9.00 alle 18.00, con un ora per la pausa pranzo dalle 12.30 alle 13.30, conosco quello che invece sarebbe il mio ritmo preferenziale, più in linea con il mio tipo fisico, con i miei ritmi interni? So riconoscere i segnali della fame, o mangio guardando l’orario sull’orologio alla parete (o sul mio smartphone / iPhone)?
Io sono convinta che lo yoga ci regali una grande opportunità: partendo dalla pratica sul tappetino, dove portiamo l’attenzione al respiro e alle sensazioni del corpo, alle emozioni che il muoversi da un asana ad un altro lascia emergere, possiamo a poco a poco riappropriarci della nostra capacità di auto-osservazione, ascolto del corpo, delle sensazioni, delle emozioni, anche fuori dal tappetino. Ritornare a noi stessi, capire quello che ci fa stare bene, ascoltare quando l’energia ci sostiene maggiormente, quando il corpo e la mente richiedono riposo, quando abbiamo fame (vera, biologica) e quando invece il cibo diventa sostituto per compensare carenze, placare emozioni negative, o quando ingeriamo cibo solo abitudine.
Se ti interessa approfondire il tema dei ritmi (o cicli) circadiani e del rapporto di quest’ultimi con l’alimentazione in chiave Ayurvedica ti lascio il link a questo interessante articolo:
NOTA: Nata in India migliaia di anni fa, l’Ayurveda è una scienza per il benessere fisico, psicologico ed è anche considerata una scienza dello spirito, una filosofia di vita. Questa antica scienza indiana si basa su una profonda conoscenza del corpo fisico e delle sue connessioni con la mente e lo spirito. Per l’Ayurveda la salute non equivale ad assenza di malattia, bensì ad uno stato di equilibrio tra corpo, mente, spirito, ecosistema esterno ed ambiente interno, tutti considerati equamente importanti.